Le crisi, le speranze e il cambiamento /2

Sulla scia del cambiamento che in questi mesi sta prendendo vita negli Stati Uniti anche l’Europa mostra che questo passo è possibile. L’Europa insegna al mondo moderno che l’evoluzione politica degli Stati e dei sistemi statali non è assolutamente giunta al termine. La Realpolitik nazionale, però, è diventata irreale. Europeizzare significa creare una politica nuova, significa entrare da giocatori nel gioco del metapotere, partecipare allo sforzo per creare le regole di un nuovo ordine globale.
Lo slogan del futuro potrebbe addirittura essere: America, fatti da parte, l’Europa è tornata”.
Il problema vero dell’Italia è questo: qualora le ipotesi di Beck si concretizzassero il nostro Paese sarebbe escluso ab origine dal cambiamento e dall’innovazione restando affossato nei suoi problemi che divengono drammi.
Il Bel Paese non ha sfruttato al meglio sino a oggi neanche le grandi possibilià offerteci dall'integrazione europea e rispetto a tanti altri cugini europei resta un'anomalia, distanziandosi quindi anni luce non solo dagli Stati Uniti, in cui si prospettano nuove soluzioni ai problemi del vivere comune avvalendosi di meccanismi decisionali concreti e produttivi, ma anche da altri Paesi europei. Basti pensare alla Francia “dell’homme de la ropture” Nicolas Sarkozy, anch’egli poco più che cinquantenne, il quale un anno fa ha chiamato a collaborare le migliori intelligenze d’Europa ad una Commissione guidata dall’economista Jacques Attali affinchè adotti e sviluppi dieci misure per il rilancio e la modernizzazione del Paese. Le misure riguardano la riduzione della disoccupazione e la povertà, la creazione di nuove imprese nelle banlieue, l’estensione della connessione a banda larga a tutto il Paese per favorire il circolo delle conoscenze, la riduzione del debito pubblico, la tutela e la formazione dei giovani. Della commissione fanno parte anche gli italiani Mario Monti e Franco Bassanini. Qui da noi, invece, -sostiene Gian Antonio Stella in un articolo pubblicato dal Corriere della Sera del 26 Agosto 2007- l’idea di coinvolgere chi la pensa in modo diverso da te in un progetto che abbia a cuore il bene comune non è molto popolare. Anzi. Ogni occasione è buona per il contrario: la distribuzione di ogni carica, ogni poltrona, ogni strapuntino secondo una ferrea logica spartitoria. Basti pensare alle assunzioni di amici ed elettori negli enti pubblici, nelle società miste, nelle municipalizzate. Fino alle nomine dei gestori dei teatri lirici –dice il giornalista del Corriere. E continua. Della tradizione lottizzatoria della Rai si ha ricordo sin dai tempi dell’occupazione democristiana e della battuta celeberrima di Bettino Craxi: “La Rai risponde sempre al 643111”, cioè 6 consiglieri alla Dc, 4 al Pci, 3 al Psi, uno ciascuno a Pri, Psdi e Pli. Questa idea dell’uno a me e uno a te è prassi comune della politica italiana.
E dall’Italia che lottizza tutto e lottizzerebbe anche l’impossibile scaturisce il vergognoso ritratto di un Paese a crescita zero già prima della crisi che si permette il lusso di non decidere sui problemi reali dei cittadini, ancor più oggi che l'economia va implodendo. Le uniche decisioni prese con urgenza in Italia riguardano l’approvazione di leggi e di leggi elettorali ad personam, l’approvazione dell’aumento degli stipendi dei parlamentari, l’approvazione di leggi di depenalizzazione di qualche reato favorevole al governante delinquente, corrotto o colluso di turno.

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